Meloni:”a Torre il calcio si vive h24”

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L’ ex bomber Giuseppe Meloni, ripercorre con noi i ricordi di quella fantastica stagione, rimasta per sempre scolpita nel cuore dei tifosi. E non esclude un ritorno…

Sono già passati quasi cinque anni, ma per la maggior parte dei sostenitori torresi, sembra soltanto ieri quando il Savoia dell’ex presidente Lazzaro Luce, ritorno’ finalmente tra i professionisti dopo tanti anni di anonimato e sofferenze. Un campionato indimenticabile, contrassegnato da emozioni indelebili e partite indimenticabili che alla fine dei giochi, decretarono una netta superiorità da parte della fortissima rosa, ben diretta dal condottiero Feola, che distanzio’ di ben dieci lunghezze l’Akragas, tagliando per prima il nastro del traguardo. Di quella squadra irresistibile, uno dei più grandi interpreti, fu sicuramente il centravanti sardo Giuseppe Meloni. Nato a Nuoro il 4/10/1985, giunse dalla Torres con una importante referenza (22 reti in 31 apparizioni) che dimostro’ di ben meritarsi, visto che in 30 presenze in casacca bianca, mise a segno ben 16 reti. Un bottino importante, insomma, che unito a grandissime prestazioni e a giocate di alta scuola, lo fece diventare, senza dubbio, uno dei beniamini della tifoseria che nonostante una sola stagione a Torre Annunziata, lo ricorda ancora con immutato affetto. Lo abbiamo sentito, per ripercorrere insieme, alcuni frammenti (non basterebbero poche righe per riviverli tutti) di una stagione che resterà per sempre scolpita nella storia di questo glorioso sodalizio.

Dopo la parentesi, breve ma intensa, in maglia bianca, come si è snodata la tua carriera?

Sono stato ad Agrigento e a Fondi, dove abbiamo vinto il campionato, poi a Campodarsego ,Cava de’ Tirreni e a Como, dove, invece, non ho vissuto stagioni proprio positive. Adesso sono in Sardegna, in Eccellenza, al Muravera.

Come sta andando la stagione?

Attualmente, siamo primi in classifica e ho già siglato 28 reti, 19 in campionato ed 8 in Coppa. Una stagione, fin qui, davvero positiva.

Passiamo al Savoia, adesso. Che ricordi serbi di quella grandissima annata?

Fu un campionato fantastico, una esperienza di cui porto, dentro di me, numerosi ricordi. Non posso mai dimenticare, tra le tante partite disputate, quella in notturna contro la Battipagliese. Lo stadio era così gremito che, nel momento in cui siamo entrati in campo, siamo partiti già con un vantaggio di tre reti.

Senti ancora qualcuno di quel gruppo?

Certo! Sono rimasto in contatto con molti calciatori di quella rosa, altri invece li ho incontrati nuovamente da avversari. Da Luigi Manzo a Longo, da Terracciano fino ad arrivare a Scarpa, con cui mi sono sentito di recente.

Raccontaci qualche aneddoto, relativo a quel periodo. Ricordi in particolare? Quale rete ti è rimasta maggiormente impressa?

Più che una rete in particolare, ricordo il quasi goal contro la Cavese. Una rovesciata che purtroppo sì stampo’ sul palo. Se fosse entrata, l’intero stadio sarebbe venuto giù. Per ciò che concerne invece gli aneddoti, ricordo con affetto che l’ex capo-ultras del Savoia, era solito salutarmi mimando il gesto delle due corna. Da lì’, i tifosi cominciarono a salutarmi facendo quello stesso gesto e aggiungendoci in più, un folcloristico “tien e corn”. Ecco perché, in molte delle foto di quel periodo, cominciai a mimare quell’affettuoso saluto.

A proposito, sul tuo profilo Facebook, hai ancora la curva del Savoia, come immagine di copertina…

Eh si… quando troverò una curva migliore di quella, forse la cambierò (sorride).

Segui ancora i bianchi? Di quel gruppo, l’unico superstite è Antonio Del Sorbo, collega di reparto con cui ti alternavi durante il campionato.

Si, seguo ancora il Savoia, una piazza a cui, come ho detto prima, sono legato e dove ho lasciato molti amici. Ultimamente, so che è riuscito a portare a casa dei risultati positivi, e spero possa continuare su questa strada. Con bomber Del Sorbo, mi trovavo molto bene; ci completavamo alla perfezione e costituimmo, insieme, una grande coppia. Conosco anche D’Ancora, con il quale ho giocato a Cava de’ Tirreni.

Tra tutte le piazze in cui hai giocato, quale differenza hai riscontrato con quella di Torre Annunziata?

A Torre Annunziata ho trovato un pubblico numeroso e caloroso. I tifosi riempivano gli spalti, sia che si giocasse in casa che in trasferta e nemmeno in Eccellenza hanno mai abbandonato la squadra. Ho giocato in piazze ugualmente calde e con tanto seguito come Cava e Agrigento. Anche a quest’ultima, sono rimasto legato, ma ciò che differenzia Torre Annunziata dalle altre, è’ che qui il calcio si vive h24 e non solo allo stadio, sin dalla mattina in cui vai a fare, per esempio, colazione al bar. Come dicono li’, è proprio vero: esistono in città due cose fondamentali: la Madonna della Neve ed il Savoia.

Ti piacerebbe tornare a vestire quella maglia?

Se si dovessero creare le premesse, perché no. So che tanti tifosi chiedono a gran voce il mio ritorno. Per ora, ho scelto di riavvicinarmi a casa, nella mia Sardegna, ma sto ancora bene fisicamente e sento ancora di poter giocare altri anni, per cui mai dire mai.

Un ultimo pensiero alla piazza?

Ci tengo a salutare con affetto, tutti gli ultras che non hanno mai abbandonato la squadra ma anche tutti i tifosi: a loro voglio dire: “tenet e corn”.