L’ex tecnico dei bianchi Massimo Morgia, si racconta a tutto tondo, parlando ovviamente, anche della sua ex squadra, il Savoia.
Uno dei Savoia più belli e divertenti che i tifosi oplontini ricordano ancora è oggi, è sicuramente quello della stagione 2000/2001, allenato dal tecnico Massimo Morgia. Nonostante quella stagione, cominciata con importanti premesse, non termino’ poi nel migliore dei modi, I bianchi si resero protagonisti di partite memorabili come il 5-1 inflitto in casa al Palermo che poi avrebbe vinto il campionato, lo 0-5 esterno sul campo della Viterbese, il 4-1 contro l’Aquila, solo per citarne alcuni. Un calcio davvero spumeggiante che badava innanzitutto allo spettacolo, prima che il mondo del calcio fosse divorato sempre di più dagli interessi economici che hanno contribuito a svuotare gli stadi, trasformando questo sport in uno sport sempre più elitario, da poltrona, in cui assumono importanza solo quelle poche compagini che sono in grado di vincere, di garantire il risultato che fa inevitabilmente rima con audience. Abbiamo raggiunto telefonicamente proprio il tecnico romano, uno di quegli allenatori che a questo sistema, lontano da principi e valori che ha sempre considerato inderogabili, non si è voluto piegare. E proprio il rifiuto ad ogni tipo di compromesso, molto probabilmente lo ha scontato in termini di carriera che tenendo conto del suo importante curriculum, avrebbe potuto essere molto più prestigiosa.
Mister, partiamo subito con una domanda, prima di entrare nel vivo. Da buon romano, per chi fa il tifo? Roma o Lazio?
Da piccolo, tenevo più alla Roma visto che nella mia famiglia, era quella la squadra preferita. Poi, intorno ai diciassette-diciotto anni, cominciai a simpatizzare, come la maggior parte dei miei coetanei, per l’Inter di Mazzola, che in quel periodo era davvero forte. Da quando, però, ho cominciato a giocare e ad allenare, non ho più tifato per nessuno perché ho cominciato poi ad affezionarmi alle squadre in cui mi trovavo in quel momento.
Il suo curriculum parla da se’. Ha vinto campionati ovunque, a Marsala, Pistoia e Siena, e ne ha sfiorate altre a Palermo e Mantova. Perché secondo Lei, non è mai riuscito ad arrivare ad allenare, almeno in serie B?
Beh, secondo l’opinione di alcuni, ciò è dovuto al fatto che sono considerato una persona scomoda, che non le manda a dire. Reputo fondamentali alcuni valori e ad essi, non ci rinuncio.
Dopo l’episodio capitatogli nel 2008, quando sedeva sulla panchina della Juve Stabia decise di smettere, proprio per questo. In seguito all’aggressione subita da alcuni suoi calciatori da parte di alcuni facinorosi dopo il match interno contro il Lanciano, si allontanò per un po’ dal mondo del calcio, perché non si riconosceva più in questi valori. Poi si rimise in gioco, dopo alcuni anni, tornando a vincere sulle panchine di Siena e Pistoiese…
Si, esattamente. Quell’episodio, mi fece dire basta e decisi di ritornare in carreggiata solo quando qualche società, si presentasse con un progetto serio e soprattutto sano. L’occasione capito’ sia con il Siena che con la Pistoiese; mi affidarono la gestione sia del settore giovanile, per me cosa fondamentale, che della prima squadra e riusci’ a vincere in entrambi i casi, il campionato. Nella prima parte della giornata, mi occupavo dei senior, nella seconda, supervisionavo le formazioni giovanili. Lo stesso lavoro, lo stavo facendo a Chieri, prima che arrivasse la sospensione.
A proposito di valori, in tal senso, ha scritto un libro che parla proprio di questo, “Ricominciamo a giocare a pallone”.…
Si, il libro si ricollega proprio a questo. Prima gli stadi, erano sempre pieni,m e non c’era l’assillo del risultato ad ogni costo; ci si recava sugli spalti, essenzialmente per divertirsi, poi l’avvento, negli anni 90’, delle televisioni, ha svuotato gli impianti sportivi e ha contribuito a creare un sistema per cui soltanto 4-5 squadre, le più potenti, ricevono i soldi derivanti dai diritti per cui il gap con le realtà più piccole, aumenta sempre di più. Penso, ad esempio, a molte società di serie D. L’avvento di questo brutto virus, non farà che trasformarsi in una mannaia soprattutto per loro che si reggono, essenzialmente, sui soldi delle tante aziende locali, molte delle quale saranno costrette a chiudere a causa della crisi economica.
Le e’ sempre piaciuto, sin dagli inizi della sua carriera, lavorare con i giovani che considera tutt’oggi importanti nella sua idea di calcio. Difatti, ha cominciato a lavorare in due importanti settori giovanili come Pisa ed Empoli. In tal senso, pensa che la regola degli under in serie D, sia davvero utile per imprimere una svolta in tal senso?
No, penso, anzi, che sia inutile perché e’ un criterio che di meritorio non ha nulla. Difatti, la maggior parte dei giovani calciatori, dopo due o tre anni, non riesce a fare carriera. Riescono a giocare per un breve periodo di tempo, perché lo impone la regola ma appena quest’ultima cessa di diventare tassativa, non hanno più mercato. Penso, soprattutto, ai portieri. Quanti tra essi, sono riusciti ad arrivare in serie B o in serie A? Tra quelli che ho allenato io, soltanto Belli, a Pistoia, è riuscito a fare una buona carriera.
Perché accade questo, secondo Lei?
La colpa è da imputare al sistema nel suo complesso, nonché ai genitori. Ai miei tempi, si scappava di casa per giocare a pallone perché i nostri genitori, volevano che studiassimo. Oggi, accade il contrario. Si intraprende questa carriera perché abbagliati, essenzialmente, dal guadagno facile e tanti genitori, piuttosto che spronare i figli a coltivare l’istruzione, li incitano a cominciare la carriera da calciatore, riconoscendogli delle abilità che molto spesso, non hanno.
Il suo Savoia, è ricordato ancora oggi come uno dei più belli degli ultimi anni e negli anni, è sempre rimasto fedele a questa sua filosofia. Per Lei, il pareggio sembrava non essere contemplato come risultato; difatti, durante quella stagione, i bianchi furono la compagine con meno pareggi nella casella X, soltanto 6…
Ancora oggi, molti tifosi mi scrivono proprio per quello, perché ricordano ancora le partite del mio Savoia… Per quanto concerne, invece, il discorso pareggio, non lo ritengo poco utile ed equivalente ad una sconfitta. Credo, però, che quando ogni calciatore cominci la sua carriera, sogna di fare quanti più goal è possibile. L’essenza del calcio, per me è quella, ovvero fare goal e dunque e a quello che si deve sempre puntare, quando si scende sul rettangolo verde. È’ vero che poi ci sono i discorsi tattici e gli schemi ed anche quelli sono importanti ma ciò che poi conta di più, e’ mettere la palla in rete più volte dell’avversario.
Una partita che racchiude in modo lampante quello che è il pensiero che poc’anzi ci ha esposto, fu, per esempio, la sconfitta di Pesaro. Nonostante quel Savoia, fosse rimasto in 9, continuava a riversarsi in attacco…
Le mie squadre, come ti dicevo poco fa, hanno sempre avuto questa filosofia. Si prova sempre e comunque ad esprimere il proprio gioco, le proprie idee. Se tutto funziona al meglio, si vince; diversamente, può capitare di perdere ma ho sempre reputato una mancanza di rispetto verso i miei calciatori, scendere in campo solo per evitare la sconfitta.
A riprova del suo gioco offensivo, le su squadre hanno sempre segnato tanto. Basti pensare proprio al Savoia, 51 reti segnate, secondo attacco dietro alla Torres oppure alle 78 reti di Pistoia, le 73 di Mantova e le 63 di Siena con i 13 sigilli di Minincleri (Pistoiese) e Greco (Savoia), i 15 di Ferri (Mantova) e i 23 di Bigoni, sempre a Pistoia…
Ed anche ai tanti punti conquistati. L’anno che sono stato a Mantova, ne abbiamo totalizzati ben 83 ma non sono stati sufficienti, purtroppo, per salire.
A proposito di quella stagione al Savoia. La partenza fu super con sei vittorie consecutive e il primo posto ben saldo, poi, qualcosa all’improvviso, si inceppo’. Cosa, secondo Lei, non ha funzionato?
Quel Savoia, era probabilmente la squadra più forte che ho allenato. Poi a metà stagione, andarono via due elementi importanti come Gregori e Fresta, per motivi economici, e le cose cominciarono a non andare per il verso giusto. Difatti, di li’ a poco, arrivo’ poi il fallimento. Il motivo di tutto questo? Beh, credo che per vincere un campionato, tutte gli ingranaggi devono combaciare perfettamente e camminare in sincronia. Se ciò non è avvenuto, è perché probabilmente la società, non è stata in grado di impedire che ciò non avvenisse.…
L’anno scorso, e’ vero che ci sono stati contatti con l’attuale società per trattare un suo ritorno?
Si, mi sono sentito con il direttore sportivo a Maggio scorso, poco prima che accettassi la proposta del Chieri. Sondarono una mia disponibilità e io mi dichiarai subito disponibile ma poi non se ne fece più niente e difatti poi la scelta cadde su Parlato.
Ha allenato in tante piazze importanti. Tra queste, quanto è rimasto legato al Savoia e quanto Le farebbe piacere ritornare?
Sono rimasto legato alla piazza e mi farebbe piacere ritornare. Ho ottimi ricordi di quella stagione; l’unico rammarico che ho è che in quel periodo, non ci allenavamo in città, bensì a Mugnano. Stare a contatto giornalmente con il popolo, vivere i tifosi ogni giorno e non solo la domenica, benché lo stadio fosse sempre pieno, sono convinto che ci avrebbe permesso di concludere il campionato con un risultato diverso, ci avrebbe dato una carica maggiore.
Tante solo partite Spettacolari, che sono rimaste impresse nella mente dei tifosi tra cui il 5-1 contro il Palermo, lo 0-5 di Viterbo e il 4-1 contro L’Aquila, per citarne alcune. Quale gli è rimasta maggiormente impressa?
Tra tutte, quelle con il Palermo, per un fatto affettivo visto che pochi hanni prima, ero seduto sulla panchina rosanero. Loro passarono in vantaggio, ma noi, con una partita perfetta e di carattere, riuscimmo a ribaltare il punteggio. Ricordo che siccome sentivo tanto quella partita, fui anche espulso…
Ha allenato proprio le due compagni che si stanno contendendo il girone I. Pensa che i 7 punti di vantaggio accumulati dai siciliani siano ormai irrecuperabili per il Savoia e quale soluzione ritiene sia la migliore da adottare, in vista del delicato periodo che sta vivendo il nostro Paese?
Credo che laddove il campionato si concludesse ora, sette punti costituirebbero un buon margine di vantaggio e denotano il fatto che il Palermo, è riuscito ad essere più continuo, sebbene non ho avuto modo di osservare come giocano entrambe. Se ciò fosse capitato ad una squadra che ho allenato in precedenza, avrei vinto (sorride) io il torneo. Per esempio, a Mantova dove a poche giornate dalla fine, eravamo in testa. La migliore decisione da adottare, arrivati a questo punto? Credo che per trovare una soluzione che possa soddisfare tutti, bisognerebbe promuovere le nove squadre che si trovano attualmente in testa, nonché quelle che hanno diritto in base ad una graduatoria di merito. Non sono assolutamente d’accordo con chi propone un sorteggio… sarebbe irrispettoso verso compagnino che hanno speso di più per disputare un campionato di vertice, tra cui proprio il Savoia.
Il suo modo di fare calcio, è molto diverso da quello di Parlato, il cui calcio e’ maggiormente attendista e teso a studiare nei dettagli, l’avversario. Crede che in alcune partite nel quale il Savoia avrebbe potuto osare di più, un tecnico del suo tipo, avrebbe potuto fare meglio?
Queste sono situazioni che non conosco e in cui non voglio assolutamente entrare. Parlato è un ottimo tecnico, che conosco bene e reputo molto preparato. In più, non ho mai avuto modo di vedere una partita ne’ del Savoia ne’ del Palermo, come ti ho detto poc’anzi.
Tra i calciatori che compongono la rosa del Savoia, conosce Angelo Scalzone che ha già avuto modo di allenare a Siena…
Si, un caro ragazzo oltre ad essere un calciatore di valore, a cui mando un affettuoso saluto.
Ci può indicare qualche nome di giovani calciatori che secondo Lei, faranno carriera?
Posso indicartene qualcuno ma relativamente a calciatori che ho allenato in questi anni e posso dirti che ce ne sono di bravi, anche se la maggior parte di loro, gioca non perché merita davvero e con questo, ritorniamo al discorso fatto inizialmente. Nella mia carriera, ne ho lanciati comunque molti. Ricordo, ad esempio, Cariello, nel Savoia. Inoltr, ultimamente ho schierato in campo due classe 2002’ e tre, del 2003’.