Lunerti, il grande ex:”Che ricordi la finale con il Matera. Sia Palermo che Savoia, meritano la promozione”

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L’ex bomber oplontino Giorgio Lunerti, ci racconta la sua breve ma intensa esperienza al Savoia, culminata con la storica promozione in C1 e ci dice la sua anche sull’attuale campionato di serie D che vede duellare per il titolo due città in cui ha lasciato grandi ricordi.

Una sola stagione a Torre Annunziata, ma sufficiente ad entrare nel cuore dei tifosi e nella storia di questo glorioso sodalizio. Stiamo parlando dell’ attaccante Giorgio Lunerti, otto reti in 32 apparizioni nella stagione 1994-95 (serie C2) tra cui, quella indimenticabile siglata allo “Zaccheria” di Foggia, nella finalissima contro il Matera, che spiano’ la strada verso la C1. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente nella sua San Benedetto del Tronto, per farci raccontare quei momenti.

Una sola stagione disputata con la casacca del Savoia ma è stata sufficiente a scrivere una delle pagine più belle della storia di questo club. Nonostante le difficoltà economiche, il gruppo formo’ un blocco compatto che remo’ verso un obiettivo comune e riusci’ a creare qualcosa di memorabile, sconfiggendo le più quotate Benevento e Matera…

Si, quella a Torre Annunziata è stata davvero una grande stagione. Nonostante sia stato li’ soltanto un anno, ho ancora impresso dentro di me, quei ricordi anche se purtroppo, in quel periodo, non avevamo ancora un vero stadio come quello che c’è oggi, ed eravamo costretti a giocare su un terreno di gioco non perfetto perché non in erba sintetica. Le difficoltà economiche, indubbiamente c’erano; non eravamo pagati sempre con regolarità, a volte passavano anche tre o quattro mesi prima di ricevere lo stipendio, ma il gruppo era unito ed eravamo ugualmente convinti di poter creare qualcosa di importante e che se ci fossimo riusciti, tutto si sarebbe aggiustato. Difatti, a fine campionato, riuscimmo a vincere i play-off e con la nuova proprietà, ritornò il sereno.

Quel Savoia li’, era un brutto cliente per tutti, un avversario davvero difficile da affrontare. Quale era il vostro segreto?

A differenza di squadre più quotate come Matera e Benevento, non facevamo della tecnica, la nostra arma migliore ma eravamo compatti è difficile da affrontare. Durante il campionato, mi lamentavo spesso con mister De Canio, perché ci sottoponeva ad allenamenti durissimi. Gli chiedevo: Perché ci massacra così? E lui, mi rispondeva che se volevamo giocare alla pari con avversari più forti e tecnici di noi, dovevamo arrivare prima sul pallone. A fine campionato, dimostrò che aveva ragione.

Difatti, il Savoia, perse durante quella stagione, solo in tre circostanze di cui ben due volte contro l’Albanova. Come mai? Soffrivate il loro gioco?

Avevamo difficoltà ad affrontare l’Albanova perché aveva un modo di giocare, molto simile al nostro. Erano compatti nelle retrovie e pensavano, proprio come noi, prima a non subire goal per poi pungere nelle ripartenze. Difatti, anche loro, se non erro, persero poche partite durante quell’annata. Credo che la nostra arma vincente, che ci permise di eliminare avversari sulla carta più quotati, fu proprio quella di avere in rosa, calciatori arcigni e difficili da affrontare. Un campionato duro e impegnativo come la C2, non si vince solo con calciatori tecnici, poco propensi alla battaglia.

La forza del gruppo fu proprio ciò che fece la differenza. A distanza di anni, è rimasto in contatto con qualche suo ex compagno di squadra?

Si, anche se non con tutti. Vedo molto spesso Sanguedolce, che abita qui vicino. Sono rimasto in contatto, inoltre, con Savino, Nocerino, Ambrosino ed Amura. Conosco molto bene anche Bagnara, il quale vive nella mia città perché ha sposato una ragazza del posto, la figlia del giornalista Remo Croci, ex conduttore di Quarto Grado. Nella stagione in cui fummo promossi in C1, c’era anche lui in rosa anche sebbene a quei tempi, fosse ancora giovanissimo. Io, invece, andai via dopo qualche mese, accasandomi alla Fermana.

Come mai andò via, dopo la promozione in C1? Fu una scelta societaria?

Beh, diciamo che avevo già trentasei anni e non potevo giocare ancora molto. Si presentò, nel frattempo, la Fermana che mi fece un’offerta, ed accettai. La voglia di avvicinarmi a casa, del resto, ebbe il suo peso, visto che avevo giocato molti anni al sud e avevo comprato da poco casa nella mia città. Fu dunque una scelta fatta di comune accordo con la società anche se, laddove avessi deciso di continuare, le porte per me sarebbero state aperte.

Ci può raccontare qualche aneddoto relativo a quella stagione, qualche goal che le e’ rimasto impresso?

Ricordo un aneddoto molto divertente relativo al match contro il Catanzaro. La partita era molto sentita perché anche la squadra calabrese, lottava per conquistare un posto nei play-off. Non ricordo esattamente in quale momento della partita ne’ quale fosse l’esatto punteggio, quando dagli spalti, un tifoso mi perseguitava gridandomi ad alta voce che dovevo tagliarmi i capelli. Improvvisamente, in posizione defilata dalla destra, lasciai partire un tiro di esterno che si infilo’ in rete e ci consenti’ di vincere una partita fondamentale per i nostri obiettivi. Quello stesso tifoso, che pochi minuti prima mi stava insultando, salto’ in campo per abbracciarmi.

In questo momento difficile che sta attraversando il nostro Paese, pensa che si debba ripartire lentamente oppure è ancora prematuro? E sulla ripresa dei campionato, che opinione ha?

Io credo che stare a casa ancora un altro po’, sarebbe la soluzione migliore. Sarebbe rischioso ripartire a pieno regime perché il rischio di contagi è ancora dietro l’angolo. Per ciò che concerne invece i campionati di calcio, si potrebbe pensare, di poter riprendere a porte chiuse anche se, non bisogna dimenticare che in campo ci sono ben ventidue calciatori più i direttori di gara e gli addetti ai lavori per cui, si rischierebbe di mettere a repentaglio la salute di molte persone. In Legapro, ma anche in serie D, ci sono squadre come Reggina, Monza e Palermo che hanno speso tanto per vincere, per cui bloccare i campionati e riazzerare tutto, potrebbe cagionare loro un grosso danno economico. Un’altra soluzione, potrebbe essere quella di promuovere direttamente tutte le prime classificate ma dall’altro lato, quale dovrebbe essere il criterio per determinare le retrocessioni soprattutto se tra una squadra e l’alta, ci sono pochissimi punti di differenza? Prevedo, dunque, un’ estate molto calda perche’ sarà difficile mettere tutti d’accordo.

Lei ha militato sia nel Palermo che nel Savoia, lasciando in entrambe le piazze, grandi ricordi. A quale si sente più legato?

Senza dubbio, ad entrambe. Sia a Palermo che a Torre Annunziata, sono riuscito a vincere per mi ricordano con affetto in ambedue le città. Ho vestito la maglia rosanero per due stagioni; nella prima, centrammo la promozione ed il mio apporto fu determinante, nella seconda invece, retrocedemmo anche se giocai molto poco per cui non mi sentii parte del progetto, in questa seconda fase. Credo che sia il Palermo che il Savoia, meriterebbero di essere promosse in Legapro. I primi perché hanno speso tanto ma soprattutto i bianchi che sono riusciti a tenere testa alla capolista e che avrebbero ancora avuto possibilità di poterla agguantare.

Della finalissima dello “Zaccheria” contro il Matera, che ricordi ha?

Ricordo che i nostri tifosi ci seguirono in massa e che a fine partita, facemmo una grande festa. Appena rientrati negli spogliatoi, festeggiammo con l’acqua! Si, proprio con l’acqua, non avevamo lo Champagne; nessuno ci aveva pensato ne’ volle portarlo, un po’ anche per scaramanzia. Appena rientrati in tarda serata a Torre Annunziata, fu l’apoteosi. Il piazzale dello stadio era pieno, credo ci fossero almeno diecimila persone tanto che c dal tragitto che portava dall’uscita del casello autostradale fino allo stadio, impiegammo un’ora e mezza.

Ha deciso di restare nel mondo del calcio dopo aver appeso le scarpette al chiodo?

Ho allenato per tre/quattro anni delle formazioni giovanili poi ho deciso di smettere quando ho visto che il calcio si era allontanato da alcuni valori importanti, quando ho visto che persone riuscivano ad allenare senza alcuna esperienza ma solo perché portavano qualche sponsor. Ho deciso, dunque, di andare a lavorare. Sono stato un dipendente di una nota azienda locale che opera nel campo dei servizi ecologici e quando ho raggiunto l’età pensionabile ho deciso di lasciare anche per permettere ai giovani di prendere il mio posto. Al momento, sono un nonno a tempo pieno e mi prendo cura dei miei quattro nipotini.

Un messaggio, infine, per i suoi ex tifosi che hanno di lei un ricordo ancora vivo a distanza di anni?

Dico loro di continuare a seguire come allora la squadra e di non abbandonarla mai, di stare vicini alla società perché trovare oggigiorno una proprietà solida, con progetti duraturi, e’ molto difficile. Spero che tutto ciò si realizzi al più presto perché Torre Annunziata è una piazza ideale per fare calcio a certi livelli.

Un giorno, speriamo di rivederla al “Giraud” per una partita dei bianchi

Certo, senz’altro. Prima, venivo più spesso anche perché mia moglie è originaria di Torre del Greco, per cui quando avevo qualche giorno di ferie, ogni scusa era buona per scendere. In questo periodo, è più difficile perché, come anticipato prima, fare il nonno a tempo pieno, ruba molto tempo ma appena ci sarà l’occasione, ritornerò presto a Torre Annunziata.

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