Dalla “rattacasa” ad oggi, poco è cambiato
Si chiama Portici 1906, anche se dal 1906, appunto, agli anni '30 a calcio s'è giocato ben poco. La polisportiva fondata da Alberto De Biasio, infatti, era attiva principalmente nel ciclismo, podismo, atletica leggera, nuovo e pugilato. Il teatro dei 'primi calci' era "una spianata lavica, piena di buche, cosparsa di pietrisco tagliente e residui vulcanici che graffiavano pallone, scarpe e sopratutto i garretti dei ragazzi", si legge su ssportici1906.altervista.org. Tale 'campo da gioco' era talmente dissestato da essere soprannominato dagli stessi porticesi 'a rattacasa', per la sua somiglianza ad una 'grattugia', in linea con le attività svolte, quasi del tutto amatoriali.
Che il calcio nella città della Reggia non sia mai stata tradizione, lo dice la storia. Nel 66-67, la squadra fu ripescata in serie D ma dovette rinunciarvi a causa delle ridotte dimensioni del terreno di gioco del 'Cocozza': mai, in tanti anni, a Portici è stato disputato un campionato professionistico e l'unica dimensione conosciuta è quella del dilettantismo.
Vanno ricercate qui, probabilmente, le ragioni di quanto è accaduto ieri al San Ciro quando, al termine della gara, ai giornalisti torresi non è stato consentito di accedere all'area riservata alle interviste per poter svolgere il proprio lavoro. Dopo circa mezzora trascorsa dietro ad un cancello a discutere con le forze dell'ordine, i giornalisti hanno deciso di lasciare la struttura. Il solo intervento dell'addetto stampa Maurizio Longhi, che ha provato a mediare, non è servito a cancellare una totale disorganizzazione della società porticese che, per non ben precisate ragioni, ha deciso di negare ai giornalisti il diritto di cronaca.
Lecito sarebbe stato attendersi, nella serata di ieri, un comunicato di 'scuse', ma così non è stato. Che il dispetto sia stato premeditato? A pensar male si fa peccato…